Ciao Sabina, fotografa al Museo Galileo. Ci siamo conosciute una vita fa in Toscana per poi perderci di vista. Tu in Toscana, io in Africa.
Ciao Annamaria, che sorpresa e che onore che mi hai fatto con questa intervista, grazie di cuore! Sono un po’ lontani i tempi delle nostre uscite, spero davvero di poterti rivedere presto dal vivo, i social aiutano a non perdersi di vista ma i contatti umani, oggi più che mai lo sappiamo bene, sono insostituibili.
Sei fotografa presso il Museo Galileo di Firenze. Ci vuoi parlare un po’ di te, dei tuoi studi e della tua passione per la fotografia?
Non avevo ancora completato gli studi quando ho fatto il mio ingresso al Museo Galileo, Istituto e Museo di Storia della Scienza nel 1996 a Firenze.
Ho conseguito qualche anno dopo la laurea magistrale in Scienze Naturali con una tesi in storia della fotografia botanica.
Studiando in particolare un fondo di lastre fotografiche dello scienziato e fotografo Giorgio Roster.
Da quel momento anche la storia della fotografia è entrata a far parte delle mie grandi passioni.
Ho iniziato a fotografare quando avevo circa 20 anni durante l’era analogica.
Amavo fotografare anche in bianco e nero per poi sviluppare e stampare le fotografie in camera oscura.
Una magia che ci permette di capire cosa provarono i nostri antentati pionieri della fotografia. Adesso uso la camera oscura solo per realizzare le cianotipie, antico metodo di stampa fotografica dal colore blu di Prussia.
Come mai la scelta di lavorare come fotografa al Museo Galileo?
Lavorare come fotografa al Museo Galileo è un ruolo particolare nel mondo della fotografia in quanto sono singolari gli oggetti ripresi.
Gli strumenti scientifici delle collezioni medicee e lorenesi.
Astrolabi, cannocchiali, microscopi, bussole, termometri, microscopi, macchine elettrostatiche, alambicchi.
Questi richiedono un tipo di ripresa still life studiata e accurata per restituire all’osservatore una visione chiara dell’oggetto rappresentato.
Oppure, quando possibile, una raffigurazione meno usuale che vuol rievocare il tempo storico nel quale lo strumento fu costruito o che esalti l’aspetto estetico dell’oggetto.
Poter lavorare con la fotografia é la mia “vocazione” principale in un ambiente stimolante e ricco di storia come il Museo Galileo e per questo motivo non ho mai voluto cambiare mestiere. Fotografare il cannocchiale che nel 1609 permise a Galileo Galilei di compiere le osservazioni che lo portarono alla scoperta dei satelliti di Giove direi che è decisamente entusiasmante.
Che cosa fa esattamente un fotografo in un Museo Scientifico?
Fotografo gli strumenti scientifici e produco le immagini che occorrono ai vari settori del museo per la realizzazione di mostre fisiche e virtuali e per le varie attività dell’Istituto.
Mi dedico ai servizi fotografici delle esposizioni e delle attività didattiche promosse e realizzate dal Museo Galileo.
Mi occupo inoltre della catalogazione e archiviazione delle immagini e dei contatti con le case editrici, gli studiosi e le emittenti televisive che vogliono pubblicare le fotografie o realizzare servizi foto/video nelle sale espositive.
“Non fotografate le cose come appaiono. Fotografatele come le sentite.”
David Alan Harvey (fotografo statunitense)
Sabina fotografa al Museo Galileo con la passione per i fiori
Se non facessi la fotografa in un museo che tipo di fotografa saresti?
In realtà il lavoro al museo è una parte del mio modo di fare fotografia che all’inizio non mi apparteneva, ero più incline al reportage e alla fotografia di spettacolo.
Questa é un tipo di fotografia dinamica e meno riflessiva, dove l’importante è cogliere l’attimo alla Henri Cartier-Bresson, unendo emozioni e composizione in poche frazioni di secondo.
In questo momento della mia vita mi sento fotografa della natura, della vita, dei fiori, del nostro rapporto con la terra.
Credo che il periodo che stiamo vivendo abbia influito molto su questo modo di fotografare.
Diciamo che era latente e che è venuto alla luce in un tempo dove il grande legame con la natura e la ricerca della bellezza nelle piccole cose sono tornati prepotenti dentro di me.
Quali sono i tuoi soggetti preferiti.
In questo momento i miei soggetti preferiti sono i fiori.
Li ho sempre amati, la loro bellezza è sconvolgente a volte.
Ispirata da un grande fotografo che ammiro molto ho iniziato a fotografare i fiori con un linguaggio particolare, illuminandoli con la luce naturale, come fossero delle persone in relazione affettiva.
E’ il bisogno di affermare che sono le relazioni a salvarci, il desiderio di condividere le nostre vite, di portare l’uno nella vita dell’altro gioia, pace, amore.
Mio nipote Dario mi chiama la “florografa” e mi piace molto questo nome, forse sarebbe più esatto “fotoflorografa” ma suona meglio “florografa”.
Un fotografo che ammiri e perche’.
Un fotografo che ammiro moltissimo e che è stato colui che mi ha ispirato nel lavoro con i fiori è Juan Carlos Borja Castro.
Nato a Lima nel 1977 é un biologo fotografo che si concentra su temi come le forme della natura e l’architettura antica.
Guardavo estasiata le sue fotografie di foglie e fiori principalmente, di una poesia e bellezza struggente, che spesso fanno pensare a ballerine, donne affascinanti, folletti e draghi.
Alcune sue fotografie richiamano il grande fotografo, scultore e insegnante tedesco Karl Blossfeldt, che io ho ammirato fin dai tempi della mia tesi di laurea.
Poi ho scoperto che Juan è anche un grande amante della storia e della storia della fotografia e che utilizza varie tecniche di stampa storiche molto più complicate della cianotipia che faccio io. Un grande maestro, anche se lui non vuole essere chiamato così perchè siamo diventati cari amici ed è una persona semplice, un grande artista !
E’ vero il detto che la fotografia ruba l’anima delle persone?
Un po’ si, è vero, ma non perchè la rubi ma perchè la svela almeno in parte.
Mostriamo quello che scegliamo di mostrare di noi stessi ma qualcosa ci sfugge sempre.
Anche perchè è difficile, se non impossibile, essere consapevoli di tutto ciò che siamo.
Un ritratto fotografico serve anche a riconoscersi e a scoprirsi, è una grande responsabilità quella del fotografo.
“Si può mentire con le fotografie. Si può persino dire la verità, per quanto ciò sia estremamente difficile. Il luogo comune vuole che la fotografia sia specchio del mondo ed io credo occorra rovesciarlo: il mondo è lo specchio del fotografo.”
Ferdinando Scianna (fotografo italiano)
Con l’avvento dei social media e l’uso degli smartphone siamo diventati tutti un po’ fotografi.
Tutti pubblicano su Instagram foto di cibo, moda, viaggi e via dicendo. Ma spesso senza nozioni di fotografia.
Tu credi che questo abbia messo in secondo piano la vera fotografia? E come fa oggi un fotografo ad emergere?
Non credo che l’abbia messa in secondo piano, sono emersi ulteriori linguaggi e soprattutto adesso è alla portata di tutti.
Girano nel web tante immagini orribili ma così come le parole, sta a noi farne buon uso. Comunque più un’immagine è ben realizzata più il messaggio che vogliamo condividere è efficace e cattura l’attenzione.
Come diceva il grande Giovanni Gastel che purtroppo ci ha lasciati recentemente, chi vuole emergere nel mondo della fotografia non deve copiare nessuno.
Ma studiando i vari linguaggi e fotografi che ci hanno preceduto cercare e creare il proprio stile e il messaggio che ci contrattistingue, che è unico.
Come avrai visto il mio e’soprattutto un blog di viaggi. Che cosa non deve mancare a un fotografo quando viaggia?
La fotocamera e la leggerezza, non solo nel corredo ma anche nello stato d’animo.
Mi vuoi dire un viaggio che ti e’ rimasto nel cuore?
Un viaggio che ricordo con gioia è quello a Samso, con mio marito e i nostri cari amici Roberta e Luca.
Samso è un’isola danese che dal 1997 si è liberata dalla dipendenza dei combustibili fossili grazie ad un impianto offshore e in terraferma di pale eoliche e pannelli solari.
Un’isola bellissima con una luce incredibile nel mese di agosto quando la visitammo.
La libertà dai combustibili si traduce anche in una libertà di vita a misura d’uomo nell’isola.
Poi ci sono stati viaggi spirituali in terre deserte bellissime che mi hanno segnato profondamente, ma questo è un altro capitolo, sicuramente il più importante, il motore che ha dato vita a tutto il resto.
Un viaggio che ti piacerebbe fare quando questa pandemia sara’ solo un brutto ricordo?
Mi piacerebbe portare mio figlio al parco nazionale dell’Asinara in Sardegna, e realizzare fotografie subacquee da stampare in cianotipia.
Vorrei anche andare a Cisternino in Puglia e poter incontrare Lisetta Carmi, la donna dalle cinque vite, una grande pianista e fotografa. una donna luminosa e libera che nell’ultima parte della sua vita si è dedicata alla diffusione degli insegnamenti del suo maestro indiano Babaji. Vorrei poter incontrare il suo sguardo ma mi rendo conto che sarà molto difficile perchè oltre al problema della pandemia, lei ha solo 97 anni.
Secondo te viaggiare green vuol dire……
Il viaggio più green che ho fatto è il Raid Goum per due volte in Val d’Orcia.
Non è stato riposante per il corpo perchè camminavamo almeno per 20 km al giorno ma per lo spirito è stato un rinnovamento eccezionale.
Con la vita che conduco adesso avrei qualche difficoltà a rifarlo però direi che è stato decisamente green dato che dormivamo sotto le stelle e mangiavamo quello che portavamo negli zaini e che trovavamo lungo la strada.
Viaggio un po’ audace ma stupefacente per me.
Adesso il viaggio più green che faccio sono le vacanze in montagna e in paesini silenziosi fatti a misura d’uomo.
Dove il tempo sembra essersi fermato come in Basilicata, una terra bellissima dove spesso le persone, semplici e di buon cuore, hanno il potere di guarire il tuo.
Un augurio per questi tempi difficili.
L’augurio è quello di prendersi cura di noi stessi e degli altri, questo vale in tutti i campi, in famiglia e nella società, ognuno per il ruolo che ricopre.
Questo ci permetterebbe, grazie al gran lavoro che stanno facendo medici, infermieri e ricercatori, di uscire presto da questa pandemia.
Buon viaggio a tutti e grazie Annamaria per il tuo ascolto e le tue domande interessanti. Grazie a voi che leggete i miei pensieri, sono felice di averli condivisi.
Grazie a te Sabina per la bella intervista. Con la tua sensibilità ci hai portati nel magico mondo della fotografia. Le tue foto parlano da sole. Ti auguro di conservare sempre il tuo sguardo puro.
Buona vita
Annamaria
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