Volete conoscere la storia delle borse di Sara,ovvero Mama Nyuki?
Sara e’ una simpatica donna di origine bresciana,nonchè cara amica, che da diversi anni vive a Zanzibar con la famiglia.
Ma diamo la parola a lei che ci racconterà la sua interessante vita in giro per l’Africa.
Ciao Sara vuoi presentarti brevemente ai miei lettori?
Ciao sono Sara Veneziani,bresciana di origine (anche se secondo me il cognome tradisce qualche origine veneta),da diversi anni trapiantata in Africa.
Per l’esattezza manco dall’Italia da 17 anni e vivo a Zanzibar da 12.
Con mio marito 17 anni fa abbiamo deciso di andare a lavorare in Zambia in un campo profughi.
Stanchi della solita vita in Italia e desiderosi di nuove esperienze che ci arricchissero siamo partiti per un progetto di apicoltura in Zambia.
Premetto che siamo partiti a titolo personale,senza nessuna associazione alle spalle.
Dopo i primi difficili nove mesi,slegati da qualsiasi associazione e senza denaro,dovevamo decidere il da farsi.
Dissi a mio marito che una decisione su una scelta così importante l’avrei presa di fronte al mare.
Così dopo un estenuante viaggio in treno durato 50 ore,dallo Zambia a Dar Es Salaam,approdammo a Zanzibar.
Dove ci si presentò l’occasione di comprare un terreno con un rudere,che rappresentava l’investimento per il nostro futuro.
Quanto tempo avete passato in Zambia e come è andato il progetto di apicultura ?
In Zambia siamo rimasti per un totale di 4 anni,dedicandoci a questo progetto di apicoltura,adattando le tecniche nostre a quelle locali,in poche parole sperimentando.
Devo dire che non eravamo preparati professionalmente a lavorare coi profughi ,ma alla fine abbiamo imparato e siamo cresciuti tutti,noi e loro.
Lo Zambia rappresentava per questi profughi,che fuggivano da guerre e genocidi,primo tra tutti il genocidio del Rwanda,una nuova opportunità di vita, cercando di mettersi alle spalle la brutalità della guerra.
Il progetto del miele(Nyuki in lingua Swahili) ha fortunatamente funzionato e siamo riusciti a vendere il miele fuori dal campo profughi,nelle zone cosiddette più “turistiche”.
I ragazzi da noi formati son diventati insegnanti di nuovi gruppi ed alla fine il progetto è decollato e son stati in grado di andare avanti da soli.
Per produrre il miele non c’è bisogno di attrezzature costose,la spesa più grande è costituita da uno smielatore che stanno tuttora usando.
Dopo lo Zambia siamo approdati a Zanzibar per un progetto di apicultura triennale col dipartimento forestale.
Da sei come ben sai gestiamo una villa nella costa sudest di Zanzibar,dove vivo anche io.
Sara secondo te esiste il Mal d’Africa e se si di che cosa si tratta?
Più che Mal d’Africa lo chiamerei bene d’Africa.Quando conosci la bellezza dell’Africa e quello che l’Africa ti può insegnare non vorresti più andartene.
Credo che la ricetta per vivere bene sia prendere il bello dei posti dove stai e delle persone con le quali vivi.
Di sicuro l’Africa ci ha insegnato tante cose che ci hanno cambiato per sempre.
Che cosa ti ha insegnato il vivere in Africa e quali sono le differenze più lampanti tra il vivere in Europa ed in Africa?
Per me le differenze son legate alla qualità della vita.
In Africa è possibile vivere una vita qualitativamente superiore.
Essendo moglie e madre, mi ha permesso di dedicare il mio tempo ai figli e a mio marito.
In Europa si vive troppo di corsa,le donne prese da mille incombenze non hanno tempo per nulla,mentre qui riesci a vivere il tuo tempo,se lo vuoi.
I ritmi sono più umani e completamente diversi.
Il regalo più bello che abbiamo fatto ai nostri figli è quello di vivere in un luogo libero,pieno di natura,a contatto con culture diverse.
Ci ha fatto capire che tante cose che noi diamo per scontate,come la sanità o l’istruzione,in tanta parte del mondo non lo sono.
Di contro mancano gli aspetti culturali,andare al cinema,a vedere una mostra, a teatro.
Cerchiamo di rimediare durante le nostre vacanze:in quei due mesi concentriamo viaggi,visite a musei,mostre,librerie.
Cerchiamo in quel poco tempo di nutrire la nostra mente e la nostra anima.
Da dove ti è venute l’idea delle borse ed il nome del tuo brand,Mama Nyuki,ovvero le borse di Sara?
Ho iniziato a produrre le borse al campo profughi in Zambia.
Qui mi sono innamorata dei colori delle stoffe africane.Con un sarto congolese ho iniziato a realizzare le borse da vendere in Italia per sostenere il progetto di apicoltura.
Le prime borse erano delle semplici shopping bags.
Lo stesso ho fatto a Zanzibar per sostenere il progetto api di qui.
Utilizzo le colorate stoffe africane, i kanga ed i kitenghe, e la stoffa delle vele opportunamente tinta.
Il nome Mama Nyuki,ovvero le borse di Sara, deriva dal progetto delle api, che in lingua swahili vuol dire la mamma del miele.
Da qui il nome del mio brand.
E non poteva essere diversamente.
Il progetto di Mama Nyuki, ovvero le borse di Sara, si e’ sviluppato con me.
Io continuo perchè lo sento come un gioco,una cosa che mi diverte.Non lo considero un lavoro, ma direi un hobby.
Realizzo le borse seguendo i miei ritmi ed i ritmi africani.
Chi cuce le borse e chi invece le compra?
Le borse vengono cucite da sarti locali con le colorate stoffe africane e la tela con cui si realizzano le vele delle barche,molto resistente.
Gli acquirenti sono le amiche, grandi sostenitrici, le mamme dei bambini della scuola e le boutiques di qualche albergo.Ho amiche che rivendono le borse in Europa,magari ai mercatini.
Perchè è importante impiegare manodopera locale?
Impiegare manodopera locale è un modo per sostenere l’economia.
A livello manuale poi i locali son di gran lunga superiori agli occidentali.
Peccano nelle tempistiche,ma per il resto son bravissimi.
Non solo la manodopera è migliore,ma anche i materiali locali son di buona qualità.
Come sai il mio blog parla di viaggi.Mi dici un viaggio che ti è rimasto nel cuore?
Durante il periodo al campo profughi ci prendevamo delle pause per alleggerire la nostra anima.
Prima di lasciare lo Zambia abbiamo fatto Botswana,Namibia e Tanzania in macchina.Spostandoci senza una meta precisa, armati di bussola e con scorte di acqua e cibo.
A volte dormivamo nel parcheggio dei lodge o in giro nei parchi.
Sicuramente per viaggiare così ci vuole una certa dose di incoscienza e voglia di sperimentare.
Cosa che a noi non mancava di certo. Io e Andrea crediamo che i viaggi siano la benzina per affrontare il grande viaggio chiamato vita.
Viaggiare significa uscire dalla zona di confort e denudarsi.
E di sicuro non servono tanti soldi per viaggiare,se si sa adattarsi.
Anche le mie borse fanno il giro del mondo e mi piace che una parte di me vada in giro con loro.
Un viaggio che vorresti assolutamente fare.
Mi piacerebbe tornare in India con la mia famiglia,zaino in spalla.
In India ci son stata da sola per parecchi mesi. Mi piacerebbe portarli nei monasteri per respirare la spiritualità.
Oppure portare i bambini in treno in Zambia al campo profughi, per far viver loro l’avventura e la nostra diversità.Perchè loro son bambini curiosi di avventure, e questa curiosità va alimentata.
Come pensi ne uscirà il mondo dei viaggi da questa pandemia?
Credo che ci son cose nel mondo che non dipendono da noi.
Io non ho paura e tornerò a viaggiare.
Ma le persone per cui il viaggio era una fonte di ansia avranno molte difficoltà.
Passerà e torneremo a viaggiare.
Tutto dipende dal nostro atteggiamento nei confronti della vita..
Forse col lock down si è riscoperto il valore del tempo e l’importanza della qualità della vita.
Forse!.
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